Un bicchiere di vino rosso, una melodia nata su una tastiera giocattolo, e una delle voci femminili più emozionanti della nuova scena cantautorale italiana: Khamilla, all’anagrafe Camilla Tetti, torna con “Barbera”, il suo nuovo singolo che si snoda tra radici blues, accenti jazz e incursioni pop, raccontando il bisogno di ritrovarsi in un mondo che chiede sempre di essere qualcun altro.
Conosciuta per la sua capacità di toccare il cuore del pubblico e della critica – come dimostrato dalla precedente release “Rocky senza braccia”, vincitrice di numerosi premi in contest nazionali –, l’artista torinese si reinventa mantenendo intatta la sua anima black, e lo fa con un brano che si inserisce perfettamente nel contesto storico attuale, in cui l’importanza di riconoscere e accogliere le proprie fragilità è sempre più centrale, soprattutto tra le giovani generazioni.
Nella cultura della performance e dell’apparenza, “Barbera” diventa così un antidoto, un invito a rallentare e a sedersi con le proprie ombre, guardandole dritte negli occhi e affrontandole, per trasformarle in occasioni di crescita. Il richiamo al vino rosso, simbolo di convivialità e introspezione, si intreccia con il bisogno collettivo di ritrovare una connessione sincera con sé e con il prossimo, lontano dalle pressioni dei social e dalle aspettative.
“Barbera” nasce in una calda giornata d’agosto, da una semplice melodia su una tastiera giocattolo, che ha poi preso vita in un arrangiamento ricco di sfumature. Tra tromba, pianoforte ed anima, la traccia dalle venature elettroniche plasma un’atmosfera sospesa, capace di accompagnare un racconto tanto dolce quanto amaro. “Barbera” come manifesto della forza interiore e della resilienza, “Barbera” come emblema di un linguaggio musicale iconografico che tramite un elemento semplice, diventa una canzone intensa e complessa, portavoce della volontà di creare bellezza partendo dalle difficoltà.
Il testo descrive con precisione sentimenti che si fanno immagini e, dalle immagini, parole, imprimendosi nella mente sin dal primo ascolto: «Spremi il mio cuore, versa Barbera, affogo i ricordi di quel che era»; «Mi lasci qui in bilico, l’amaro in bocca, tutte quelle bugie che mi dai a bere», istantanee che immortalano ricordi e descrivono con lucidità il peso delle delusioni, la difficoltà di lasciarsi andare. Khamilla analizza il rapporto tra la rabbia repressa e la necessità di accettarsi, trovando nella musica una valvola di sfogo, una via per liberarsi e fare pace con se stessa.
Se con “Rocky senza braccia” l’artista ha reso omaggio all’iconico personaggio interpretato da Sylvester Stallone, sottolineando come la volontà di andare oltre i propri limiti possa prevalere persino sull’assenza di ciò che appare indispensabile – come le braccia per un pugile –, con questo nuovo singolo firma un manifesto per chi cerca di trovare equilibrio e significato nelle proprie complessità.
Sin dagli esordi, Khamilla è un talento poliedrico che non si limita a scrivere e cantare, ma costruisce mondi interiori, microcosmi da cui trarre energia e forza per affrontare e dipingere la propria quotidianità. Nata e cresciuta a Torino, dove ha sviluppato una devozione profonda per la musica, ispirandosi a Lucio Battisti e Ornella Vanoni, attraverso sonorità soul e R&B – apprese ascoltando artisti come Bill Withers, Aretha Franklin ed Etta James -, ha trovato il suo personalissimo linguaggio musicale, che oggi si esprime attraverso liriche che abbracciano e al contempo spezzano, per fare spazio e ricostruire. Dopo essersi esibita su palchi prestigiosi come quello di Venaria con Aiello e il CAP10100 di Torino, Khamilla si afferma come una delle nuove promesse del cantautorato italiano. Il suo stile richiama la rivoluzione artistica degli anni ’70, ma è fortemente radicato nel presente, raccontando tematiche contemporanee con una voce inconfondibile e un’autentica passione per la condivisione come mezzo di unione, eguaglianza e inclusione.
“Barbera” è un brindisi simbolico a ciò che rende unico ciascuno di noi, tra cadute e vittorie personali, e, proprio come un buon calice di vino, porta con sé il sapore agrodolce delle esperienze vissute. È un invito ad assaporare le sfumature, un mix di dolcezza, amarezza e intensità che non si lascia solo ascoltare, ma si fa vivere, accompagnandoci in un momento di intima connessione e consapevolezza.