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  • Tra destino e libertà, Gemma canta gli incontri inevitabili in “Le linee delle mani”

    Esiste davvero il caso? O siamo tutti legati da fili invisibili tracciati molto prima che ci incontrassimo? Domande antiche, ma sempre attuali, a cui il cantautore romano Gemma cerca di dare una risposta con “Le linee delle mani” (Daylite/Altafonte Italia), il suo nuovo singolo disponibile in tutti i digital store.

    Un brano che affascina e incuriosisce, perché parla di ciò che tutti, almeno una volta, ci siamo chiesti: quanto di ciò che viviamo è frutto del destino? E se le persone che incontriamo non fossero altro che tappe obbligate di un percorso già scritto, inciso sulla pelle, come tracce segrete da decifrare?

    Le linee della mano, secondo la tradizione, raccontano il nostro cammino: chi siamo e dove stiamo andando. In molte culture, da secoli, la chiromanzia cerca di leggerle e interpretarle: la linea della vita, quella del cuore, della testa. Linee che sembrano disegnate da un autore invisibile, diverse e irripetibili per ciascuno di noi, come se ogni mano custodisse una storia unica. In base ad alcune credenze, cambiano con il tempo, seguendo le scelte che facciamo e gli incontri che ci segnano, come se la vita riscrivesse continuamente il nostro percorso. Secondo uno studio pubblicato sulla Harvard Gazette, la tendenza umana a cercare spiegazioni “predestinate” per eventi significativi nasce dal bisogno di attribuire un senso all’esistenza.

    Gemma parte proprio da questa riflessione per raccontare una storia che riguarda tutti: quella degli incontri che sembrano inevitabili, e lo fa attraverso una narrazione fatta di immagini vivide e riconoscibili, dando voce a quegli intrecci personali capaci di cambiare il corso delle nostre vite.

    «Tu ci pensi mai, se fossi nata dall’altra parte della Terra, tra distanze siderali, ci incontreremmo figli di congiunzioni astrali?»: un interrogativo che suona familiare a chi ha provato a spiegare un legame che appare scritto da sempre. Gemma trasforma queste suggestioni in musica, con un sound avvolgente che accompagna l’ascoltatore in un percorso sonoro tra casualità apparente e trame invisibili tessute dal destino.

    In un mondo frammentato, in cui viviamo iperconnessi ma spesso distanti, “Le linee delle mani” ci riporta a un concetto semplice e rivoluzionario: le connessioni spontanee (quelle che sentiamo inevitabili) non hanno bisogno di algoritmi. In un recente report del Pew Research Center, emerge come oltre il 60% delle persone creda che gli incontri più significativi della loro vita siano frutto del destino o di una “forza superiore”.

    Forse non sapremo mai se tutto è scritto, ma in una contemporaneità dove tutto sembra calcolato e programmato, “Le linee delle mani” ci ricorda che alcune connessioni sfuggono a qualsiasi schema.

    «Mi ha sempre affascinato l’idea che determinate persone entrino nella nostra vita per caso, ma poi restino come se fossero sempre state lì – spiega Gemma -. Forse tutto è scritto sulle nostre mani, o forse siamo noi a decidere come leggere quelle linee. La verità? Non lo so, ma credo nella forza di quegli incontri che ti cambiano senza spiegazioni.»

    Parole semplici, ma ricche di significato. Un invito a osservare le nostre storie personali con uno sguardo nuovo, a chiederci se davvero ciò che accade lo fa per caso o se ci muoviamo, inconsapevolmente, lungo traiettorie già disegnate.

    Tra poesia e realtà, “Le linee delle mani” è anche una riflessione sui paradossi della vita: «Nello stesso cielo, alla stessa ora, c’è chi nasce e chi muore, mentre noi due, destini che si cercano.» In una sola frase, Gemma mette a fuoco una verità spesso taciuta: mentre il mondo continua il suo ciclo di opposti – vita e morte, amore e odio – ci sono storie che, contro ogni probabilità, si intrecciano. Ed è proprio in questi incontri, apparentemente casuali, che troviamo significato.

    Gemma, con un percorso musicale tra premi e palchi importanti, prosegue il suo cammino dopo i successi raccolti con “Ogni momento che passa” e “12 tocchi“, che ha emozionato per il suo inno alla gratitudine e alla vita. Con “Le linee delle mani”, l’artista romano – già vincitore del concorso europeo Yes We Sing e finalista nel contest Zocca – Paese della Musica promosso da Vasco Rossi – conferma il suo talento nel dare voce a quei pensieri che tutti, prima o poi, ci troviamo ad avere: quanto dipende da noi e quanto, invece, è già deciso?

  • “Dinero”: il singolo d’esordio di LOWBLOW che dà voce a chi si sente perso nel mondo del lavoro

    La precarietà economica, le incertezze sul futuro lavorativo, il desiderio di riscatto e il prezzo che si paga per ottenerlo: questi sono i temi che attraversano “Dinero“, il singolo d’esordio di LOWBLOW, un brano che ridefinisce il concetto di “successo” nella società odierna, facendo luce su un mondo che idolatra il denaro ma spesso ignora i valori che dovrebbero davvero contare. Con una scrittura che non si risparmia, LOWBLOW si afferma come una delle penne più interessanti della nuova scena italiana, offrendo al pubblico un punto di vista fresco e disilluso, in grado di cogliere e tradurre in barre una tra le più gravi fonti di malessere generazionale.

    “Dinero” è uno spaccato attualissimo, un ritratto spietatamente disarmante su una realtà fatta di sacrifici, ostacoli e compromessi, in cui il conflitto tra la ricerca di ricchezza materiale e la consapevolezza che, alla fine, ciò che conta davvero non può essere comprato, diventa sempre più marcato.

    Questo scenario di incertezze e insoddisfazione si rafforza ulteriormente con un dato allarmante: attualmente, il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è sopra il 30%, una cifra che rappresenta una crescente difficoltà per i giovani, impegnati nella lotta quotidiana per trovare un posto, il loro posto, nel mondo del lavoro. “Dinero” diventa così un’analisi necessaria, che si fa ancora più concreta alla luce di questi numeri. Inoltre, secondo le ultime ricerche, la percentuale di giovani che vivono sotto la soglia di povertà è in continuo aumento, una condizione che colpisce una vasta fetta della popolazione. LOWBLOW si fa ambasciatore di queste voci, sottolineando l’illusione di una vita che può essere comprata, e spingendo a una rivalutazione dei veri valori, lontano dalla superficialità consumista.

    In un contesto dominato dalla cultura del “mostrare”, che esalta il denaro come misura di realizzazione, ma che, al contempo, svuota l’animo di chi, pur avendo tutto, si ritrova a fare i conti con un vuoto interiore che sembra impossibile da colmare, “Dinero” ci invita a prestare attenzione all’impatto di questo dualismo nelle scelte quotidiane, rivelando il prezzo, psicologico, emotivo e fisico, di questa corsa, come lo stesso LOWBLOW spiega:

    «Attraverso “Dinero”, voglio stimolare un dialogo sui simboli di realizzazione che la nostra cultura promuove incessantemente. Questo brano è un invito a guardare oltre l’aspetto materiale, riscoprendo gli aspetti della vita che arricchiscono veramente l’anima.»

    Con questa dichiarazione, l’artista sottolinea il suo impegno nel promuovere un messaggio di consapevolezza e cambiamento, e con uno sguardo impietoso sulla condizione di tanti giovani che si ritrovano a inseguire il sogno della ricchezza senza mai trovarne il vero significato, si fa portavoce di chi è stanco di vivere una vita in cui non si rispecchia.

    Ma la lezione più importante del pezzo è che, nonostante tutto, la conquista materiale non basta. «Che ci faccio se ho solo il dinero, non basterà mai» è il ritornello che accompagna l’ascoltatore in questa riflessione sulla futilità di un benessere che non ha fondamenta morali o emotive.

    Il concept grafico del singolo, con immagini coerenti e fortemente legate al messaggio del brano, completa il discorso, esaltando visivamente il contrasto tra il benessere apparente e il vuoto che ne deriva.

    «La mia musica nasce dalla vita che ho vissuto – conclude l’artista -. “Dinero” vuole far riflettere su quanto il denaro possa influenzare le nostre scelte, ma anche su quanto sia effimero, se non abbiamo una base solida di valori. Non voglio dire che i soldi non servono, ma che non sono tutto. Ciò che conta è come affrontiamo le difficoltà e quanto riusciamo a restare fedeli a noi stessi.»

    Con “Dinero”, LOWBLOW non solo si rivolge ai suoi coetanei, ma lancia una sfida al settore musicale stesso e ai media, a promuovere e dare spazio a voci che trattano temi urgenti, piuttosto che limitarsi al puro intrattenimento.

  • Dal buio dell’assenza alla pista da ballo: l’incredibile alchimia di “Missing You”

    La solitudine è uno dei grandi tempi del nostro tempo, e con “Missing You”, Takao Wazowsky restituisce con precisione l’entità di un’assenza, rendendola tangibile e vicina a chi ascolta. Miscelando differenti texture sonore, la traccia si fa portavoce di una situazione sempre più preoccupante: uno studio recente della London School of Economics, ha infatti rilevato che oltre il 45% dei giovani tra i 18 e i 30 anni si sente più solo rispetto a prima della pandemia. Un fenomeno confermato anche in Italia, dove l’ISTAT ha riscontrato che oltre il 40% dei giovani si sente isolato nella propria quotidianità. Ed è proprio qui, in questo contesto, che “Missing You” trova un significato ancora più rilevante, non solo come progetto musicale ma come spunto per una riflessione collettiva su un tema generazionale.

    Takao Wazowsky, al secolo Marco D’Atanasio, dopo il successo del precedente singolo “T.M.W.”, continua il suo percorso di evoluzione, spingendo i confini del genere elettronico verso un’inedita dimensione intimista.

    “Missing You”, unendo la delicatezza del pop alle vibrazioni energiche della musica elettronica, è un pezzo saturo e profondamente legato al concetto di assenza, nato dalla necessità di Takao di sondare un territorio nuovo, mantenendo però sempre salde le sue radici. In un’alchimia perfetta tra ritmi sincopati e linee vocali emozionali, tipiche del pop cantautorale italiano, il brano consente all’assenza di mutare in un elemento palpabile, diventando protagonista indiscussa di un paesaggio sonoro carico di suggestioni.

    «Woke up alone today, Your side of bed so cold. Heart feels heavy in my chest, life feels grey and old.» («Oggi mi sono svegliato da solo, il tuo lato del letto è così freddo. Sento il cuore pesante nel petto, la vita sembra grigia e spenta.»): sin dal verso di apertura, il dolore, la ferita della mancanza, diventano una forma d’arte che non si limita ad essere ascoltata, ma vissuta per essere interiorizzata, compresa, accettata e superata.

    Dalle origini rock e metal al passaggio all’elettronica, l’abilità creativa di Takao si evince in questo progetto poliedrico, capace di andare oltre la dicotomia tra musica mainstream e underground.

    «”Missing You” rappresenta un lato di me vulnerabile, meno protetto – spiega l’artista -. Ho voluto mescolare la forza espressiva del pop con ritmi elettronici, cercando di rendere in suono le sensazioni che nascono da una perdita significativa.»

    Cresciuto tra le colline umbre, Marco D’Atanasio inizia il suo percorso musicale da adolescente, fondando la band “Burn It Down”. Dopo aver militato nella scena rock e metal, si avvicina alla produzione musicale e, dal 2023, abbraccia il mondo dell’elettronica, ispirato da artisti come Fred Again e Bunt. Questo bagaglio multiforme si riflette in “Missing You”, che riesce ad essere al contempo una ballad malinconica e una traccia da dj set.

    «La musica elettronica – aggiunge – mi ha dato la libertà di esprimermi in modo nuovo. Con ‘Missing You’ ho voluto creare qualcosa che potesse essere vissuto sia in un periodo di introspezione, sia su una pista da ballo in un club.»

    La copertina di “Missing You” sintetizza ed enfatizza il messaggio del pezzo più di mille parole: un abbraccio sospeso, intriso di malinconia, con lo sfondo rosso acceso che amplifica la tensione del momento. L’illustrazione rappresenta perfettamente quel vuoto che un’assenza lascia, trasformandolo in un simbolo visivo. Un’immagine che non solo accompagna la musica, ma la amplifica, rendendola chiara e perfettamente comprensibile già al primo sguardo.

    Nel contesto musicale attuale, dove la contaminazione tra generi è la chiave per raggiungere nuovi orizzonti espressivi, “Missing You” si colloca come un esempio di come il suono possa abbattere le barriere e avvicinare ascoltatori di background diversi. In un’epoca in cui il pop e l’elettronica si incontrano sempre più spesso, Takao Wazowsky non si limita a seguire la tendenza, ma ridefinisce il modo in cui l’elettronica può raccontare storie, stati d’animo ed emozioni. In questo brano, l’assenza non è solo un tema, ma una dimensione che l’ascoltatore è invitato a scoprire, trovando in ogni angolo buio un frammento di qualcosa che ha vissuto o che sta ancora elaborando. Questa riflessione, ci porta a domandarci: quanto di noi stessi resta nelle mancanze che ci segnano? Tra introspezione e sperimentazione, “Missing You” è un viaggio che comincia con il dolore, ma termina con una pista da ballo illuminata, perché la musica non cancella l’assenza, ma ci insegna a ballarci sopra.

  • Tarci canta la confusione del nostro tempo con ironia in “La Terra è piatta”

    Tarci, cantautore siciliano d’adozione toscana, torna con “La Terra è piatta” (Greys Production), il suo nuovo singolo che, con intelligenza e ironia, fotografa una società in bilico tra verità e menzogna, tra scienza e fake news.

    Il titolo stesso – una provocazione che richiama uno dei più celebri complotti moderni –, è solo l’inizio di un racconto musicale che integra una base allegra e orecchiabile a un testo denso di riferimenti all’attualità. Tarci evidenzia la tendenza diffusa a credere in qualunque nuova teoria o “verità”, spesso senza sviluppare un pensiero critico a riguardo.

    “La Terra è piatta” è il racconto di una contemporaneità disarmante, sempre più retta sul filo distopico del vano e dell’assurdo, un brano che prende forma da un periodo di riflessione post-pandemico, in cui la disinformazione ha trovato terreno fertile, mutando la percezione della realtà. Nel testo, scritto dallo stesso Tarci, l’artista denuncia con ironia il caos informativo che ci circonda: «La terra è piatta, la terra è tonda, ogni teoria è perfetta su tutto ciò che mi circonda e la mia testa confusa sprofonda».

    Con una scrittura chiara e pungente, la penna di Tarci affonda nel decadimento dell’istruzione – «I professori non sono più gli stessi, prima facevano didattica frontale» – e nell’abuso della tecnologia che spesso confonde più che chiarire.

    «Non è un attacco o una lezione di moralità – spiega Tarci -, ma un invito a riflettere su quanto siamo pronti a credere a qualunque cosa senza fermarci a pensare. Viviamo in un’epoca in cui avere la “verità in tasca” sembra più importante che ricercarla e comprenderla davvero.»

    “La Terra è piatta”, con la sua arguta spontaneità, riesce a parlare a tutti, senza presunzione. Grazie a una musicalità leggera e a un testo ricco di spunti, il brano invita gli ascoltatori a prendersi del tempo per osservare criticamente ciò che accade dentro e intorno a noi, sottolineando l’importanza del pensiero indipendente in un periodo storico caratterizzato da polarizzazioni e schieramenti superficiali.

    «Credo che l’ironia sia uno strumento potentissimo per affrontare argomenti complessi – aggiunge Tarci -. Con questo brano voglio offrire un momento di leggerezza, ma anche un’occasione per fermarsi e analizzare.»

    “La Terra è piatta” è il risultato della collaborazione con il produttore Massimiliano Cenatiempo, già al fianco di Tarci nel precedente singolo, “Tu”. L’arrangiamento, curato nei minimi dettagli, restituisce un equilibrio perfetto tra il tono ironico del testo e la rilevanza del messaggio.

    Per Tarci, fare musica non significa solamente intrattenere, ma sollecitare il pubblico ad interrogarsi, a porsi quesiti sulle dinamiche che plasmano il nostro modo di pensare e agire. In un mondo in cui le informazioni si accumulano senza ordine, questa release diventa un vero e proprio richiamo alla consapevolezza e al pensiero critico.

    «Abbiamo bisogno di ritrovare il gusto di farci domande, di non dare nulla per scontato. Se questa canzone riuscirà a far sorridere e pensare anche solo una persona, avrò raggiunto il mio obiettivo.» – Tarci.

  • “Ricomincio così”: Jimmy racconta la forza di lasciarsi il passato alle spalle

    Jimmy, il cantautore pavese che ha conquistato il pubblico con l’album “Schegge di 66“, torna con “Ricomincio Così“, il suo nuovo singolo che combina mito e introspezione per celebrare il coraggio di ricominciare.

    Una danza di rinascita e affermazione, ispirata al simbolo universale della spirale, emblema di evoluzione e trasformazione: come il pavone perde le sue piume in autunno per rinascere in primavera, il brano, prodotto da Simone “Gone” Bacco, ci ricorda il potere rigenerante della musica, guidandoci in un cammino libero da malinconie e rimpianti. Con una penna abile nel rendere accessibili anche le sfumature più articolate della vita, Jimmy si lascia alle spalle relazioni tossiche, aspirazioni incompiute e sogni rimasti irrealizzati.

    Partendo da un chiaro riferimento al mito di Menelao, “Ricomincio Così” riflette sulla vanità di rincorrere ciò che non può essere recuperato, scegliendo invece di voltare pagina e abbracciare una nuova strada:

    «Il passato deve rimanere nel passato – spiega Jimmy – e non vale la pena cercare di recuperare ciò che non può tornare, proprio come Menelao che inseguì invano Elena. Ho scelto di chiudere quel capitolo della mia vita con gratitudine, consapevole di aver dato tutto, anche a chi si è rivelata solo “pazzia” o, come canto nel brano, una “Stronza a Buffet”. Questo nuovo inizio è come un valzer senza sosta, una dedica a me stesso e a ciò che davvero mi appaga, come la musica. Le “scarpe vecchie che non butto,” citate in un mio precedente singolo, “Neve Alle Maldive”, ora le metto da parte: non per dimenticare, ma per fare spazio a ciò che conta davvero.»

    Il vissuto personale dell’artista, diventa così un messaggio che parla a chi, lungo il proprio cammino, ha raccolto i frammenti di sé per riedificarsi e rimettersi in marcia. «E ora vado via, pieno di euforia. Parte da qui la via per questa danza», canta, tracciando con spontaneità una nuova traiettoria. Ogni verso sprigiona leggerezza consapevole, trasformando il gesto intimo di ripartire in un movimento collettivo, un invito a riprendere in mano la propria vita.

    In un tempo che sembra mettere alla prova ogni certezza, “Ricomincio Così” si fa strada come un canto di rinascita che ci chiede di guardare oltre per ricostruirci. Jimmy, con le sue parole, suggerisce che a volte, il primo passo verso il futuro, nasce dal coraggio di lasciarsi tutto alle spalle.

    «Scrivere questa canzone è stato come disegnare una linea netta – spiega il cantautore vogherese -. Era arrivato il momento di abbandonare ciò che non mi apparteneva più e di ricominciare. Non dimentico il passato, ma oggi scelgo di guardare avanti, libero e senza rimorsi.»

    Con “Schegge di 66”, Jimmy aveva saputo raccontare l’amore nelle sue molteplici forme, dal romanticismo all’amicizia, dall’affetto per gli animali all’amor proprio. Ora, con “Ricomincio Così”, segna una svolta in cui il fulcro non sono gli altri, ma il sé: il sapersi mettersi al centro e, da lì, ricominciare a camminare.

    Gli scatti fotografici di Nicole Scilipoti e Giulia Tuamaini completano l’universo narrativo del brano, restituendo visivamente il percorso di cambiamento che lo permea. I colori e le inquadrature trasmettono la stessa energia catartica del pezzo, offrendo un’immersione completa nel processo di trasformazione.

    James William Mazza, in arte Jimmy, è riconosciuto come una delle penne più incisive della sua generazione. Con “Ricomincio Così”, riesce a parlare a chi si è trovato a ricostruire, a ricostruirsi, facendo delle difficoltà un terreno fertile per nuove possibilità.

    «La vita è un susseguirsi di cicli e tappe – conclude Jimmy -. E io sono pronto a scoprire ogni sfumatura di questa nuova fase.»

  • Khamilla: il coraggio di affrontare se stessi in “Barbera”

    Un bicchiere di vino rosso, una melodia nata su una tastiera giocattolo, e una delle voci femminili più emozionanti della nuova scena cantautorale italiana: Khamilla, all’anagrafe Camilla Tetti, torna con “Barbera”, il suo nuovo singolo che si snoda tra radici blues, accenti jazz e incursioni pop, raccontando il bisogno di ritrovarsi in un mondo che chiede sempre di essere qualcun altro.

    Conosciuta per la sua capacità di toccare il cuore del pubblico e della critica – come dimostrato dalla precedente release “Rocky senza braccia”, vincitrice di numerosi premi in contest nazionali –, l’artista torinese si reinventa mantenendo intatta la sua anima black, e lo fa con un brano che si inserisce perfettamente nel contesto storico attuale, in cui l’importanza di riconoscere e accogliere le proprie fragilità è sempre più centrale, soprattutto tra le giovani generazioni.

    Nella cultura della performance e dell’apparenza, “Barbera” diventa così un antidoto, un invito a rallentare e a sedersi con le proprie ombre, guardandole dritte negli occhi e affrontandole, per trasformarle in occasioni di crescita. Il richiamo al vino rosso, simbolo di convivialità e introspezione, si intreccia con il bisogno collettivo di ritrovare una connessione sincera con sé e con il prossimo, lontano dalle pressioni dei social e dalle aspettative.

    “Barbera” nasce in una calda giornata d’agosto, da una semplice melodia su una tastiera giocattolo, che ha poi preso vita in un arrangiamento ricco di sfumature. Tra tromba, pianoforte ed anima, la traccia dalle venature elettroniche plasma un’atmosfera sospesa, capace di accompagnare un racconto tanto dolce quanto amaro. “Barbera” come manifesto della forza interiore e della resilienza, “Barbera” come emblema di un linguaggio musicale iconografico che tramite un elemento semplice, diventa una canzone intensa e complessa, portavoce della volontà di creare bellezza partendo dalle difficoltà.

    Il testo descrive con precisione sentimenti che si fanno immagini e, dalle immagini, parole, imprimendosi nella mente sin dal primo ascolto: «Spremi il mio cuore, versa Barbera, affogo i ricordi di quel che era»; «Mi lasci qui in bilico, l’amaro in bocca, tutte quelle bugie che mi dai a bere», istantanee che immortalano ricordi e descrivono con lucidità il peso delle delusioni, la difficoltà di lasciarsi andare. Khamilla analizza il rapporto tra la rabbia repressa e la necessità di accettarsi, trovando nella musica una valvola di sfogo, una via per liberarsi e fare pace con se stessa.

    Se con “Rocky senza braccia” l’artista ha reso omaggio all’iconico personaggio interpretato da Sylvester Stallone, sottolineando come la volontà di andare oltre i propri limiti possa prevalere persino sull’assenza di ciò che appare indispensabile – come le braccia per un pugile –, con questo nuovo singolo firma un manifesto per chi cerca di trovare equilibrio e significato nelle proprie complessità.

    Sin dagli esordi, Khamilla è un talento poliedrico che non si limita a scrivere e cantare, ma costruisce mondi interiori, microcosmi da cui trarre energia e forza per affrontare e dipingere la propria quotidianità. Nata e cresciuta a Torino, dove ha sviluppato una devozione profonda per la musica, ispirandosi a Lucio Battisti e Ornella Vanoni, attraverso sonorità soul e R&B – apprese ascoltando artisti come Bill Withers, Aretha Franklin ed Etta James -, ha trovato il suo personalissimo linguaggio musicale, che oggi si esprime attraverso liriche che abbracciano e al contempo spezzano, per fare spazio e ricostruire.  Dopo essersi esibita su palchi prestigiosi come quello di Venaria con Aiello e il CAP10100 di Torino, Khamilla si afferma come una delle nuove promesse del cantautorato italiano. Il suo stile richiama la rivoluzione artistica degli anni ’70, ma è fortemente radicato nel presente, raccontando tematiche contemporanee con una voce inconfondibile e un’autentica passione per la condivisione come mezzo di unione, eguaglianza e inclusione.

    “Barbera” è un brindisi simbolico a ciò che rende unico ciascuno di noi, tra cadute e vittorie personali, e, proprio come un buon calice di vino, porta con sé il sapore agrodolce delle esperienze vissute. È un invito ad assaporare le sfumature, un mix di dolcezza, amarezza e intensità che non si lascia solo ascoltare, ma si fa vivere, accompagnandoci in un momento di intima connessione e consapevolezza.

  • Francesco Luz celebra la forza del confronto in “Come te”

    Quante parole restano intrappolate nel silenzio delle relazioni? L’incomunicabilità, quel vuoto che si crea quando i pensieri si fermano sulla soglia del non detto, è il tema centrale di “Come te” (PaKo Music Records/Believe Digital), il nuovo singolo di Francesco Luz. Con un linguaggio musicale diretto e personale, il cantautore romano racconta la difficoltà di entrare in sintonia con chi ci circonda – un ostacolo che genera conflitti, incomprensioni e solitudine, ma che può diventare anche un’opportunità di crescita e consapevolezza.

    Prodotto presso Il Piano B Progetti Sonori dallo stesso Luz in collaborazione con Roberto Cola (già per Patty Pravo, Arisa e Lorenzo Lepore), “Come te” combina emozioni in antitesi ad una struttura musicale sorprendentemente dinamica. Il brano si apre infatti con l’intimità di una ballata classica, per poi trasformarsi progressivamente in un’esplosione di sonorità pop-rock e disco. Questa metamorfosi non è solo musicale, ma anche emotiva, seguendo le oscillazioni del cuore nei momenti di conflitto. Il contrasto tra fragilità e forza, tra malinconia e rabbia, rende il messaggio ancora più efficace, spingendo l’ascoltatore a riflettere sulle difficoltà e le possibilità che nascono dall’esprimere sinceramente ciò che si prova.

    La batteria di Edoardo Guerrazzi e l’esecuzione vocale e strumentale di Francesco Luz si fondono per creare un’esperienza musicale stratificata, dove ogni elemento è curato nei minimi dettagli per trasmettere equilibrio, confermando la capacità dell’artista di unire profondità lirica e maestria tecnica.

    Il testo si snoda attorno ai temi dell’umiliazione, della frustrazione e della necessità di rompere il circolo vizioso dei conflitti. Nel passaggio chiave «Devo cancellare anni inutili passati senza mai parlare, solo urlare a farsi male», si percepisce l’onestà disarmante di Luz, che descrive con lucidità il confronto con se stesso, con un uomo che sceglie di reagire. Il ritornello, «Non sono come te», diventa invece un grido di autodeterminazione, di resilienza, una dichiarazione di identità che incoraggia a rompere le catene di dinamiche tossiche per seguire la propria strada.

    «Questo brano rappresenta un momento di consapevolezza—racconta Luz—, in cui ho sentito la necessità di trasformare le parole non dette e i conflitti in un’opportunità per crescere.»

    Con “Come te”, Luz dà voce al silenzio nelle relazioni, presentando una storia che ci porta a riconsiderare il valore della comunicazione nei rapporti interpersonali. La traccia diventa così una testimonianza sincera di quanto sia complesso, ma necessario, abbattere le barriere dell’incomprensione attraverso il dialogo e ritrovare la forza di aprirsi all’altro.

    Il brano si inserisce in un percorso artistico che vuole parlare alla società, portando alla luce una riflessione urgente su come i rapporti interpersonali possano essere salvati solo attraverso il coraggio di comunicare, anche quando è più difficile. “Come te” ci invita ad agire, a rendere il silenzio una forza di cambiamento, segnando un nuovo capitolo non solo nella carriera di Luz, ma nella narrazione musicale contemporanea.

  • Il linguaggio dei segni incontra la musica in “Grazie”, il nuovo brano di Raffaele Poggio

    Una parola semplice, spesso trascurata, sottovalutata e data per scontata, ma capace di cambiare prospettiva, irradiando luce anche nelle giornate più cupe ed ordinarie, con la forza che racchiude in sé: “Grazie”. Con il suo nuovo singolo, disponibile in tutti i digital store per Attic Records/Altafonte Italia, il cantautore, attore e showman torinese Raffaele Poggio invita il pubblico a riflettere sul potere della riconoscenza, restituendo significato ai gesti quotidiani e mostrando come la gratitudine possa mutare in un atto di intima connessione.

    Ma cosa significa davvero ringraziare? E cosa accade, dentro di noi, quando ci fermiamo a dire “Grazie”? Ringraziare significa rallentare, riconoscere e apprezzare ciò che di prezioso abbiamo ricevuto, riscoprendo la virtù trasformativa di una parola che unisce e accorcia le distanze. E quando ci spogliamo di orgoglio e timori, e ci ricordiamo di esprimere riconoscenza, dentro di noi accade qualcosa di straordinario: attiviamo un processo che stimola la produzione di serotonina e dopamina, i cosiddetti ormoni della felicità, creando un senso di appagamento, gioia e benessere. Ringraziare non è quindi solo un gesto verso chi ci circonda, ma un atto che cambia il nostro stato mentale, aumentando la consapevolezza del presente, e rafforzando i legami.

    In un momento storico in cui le relazioni si frammentano e la velocità della quotidianità spesso ci distrae dal valore dei gesti più semplici, “Grazie” si fa spazio per la sua immediatezza e per una sincerità d’intenti a cui è impossibile rimanere indifferenti. Il brano, scritto dallo stesso Poggio e composto e prodotto da Stefania Tasca, si sviluppa intorno a un ritornello diretto e memorabile, che, ripetendo 9 volte il suo titolo, diventa un mantra per spostare il focus su quei momenti che spesso passano inosservati, ma che definiscono il senso del nostro esistere.

    “Grazie” è un progetto che trova il suo effettivo compimento sotto l’aspetto visivo, perché è il videoclip ufficiale che lo accompagna a fare la differenza: diretto dai Knowhere Studios, utilizza il linguaggio dei segni per sottolineare come la gratitudine possa superare ogni barriera. I gesti diventano protagonisti, rendendo una canzone un collante tra mondi che raramente si incontrano nella musica mainstream.

    «Volevo che questo progetto andasse oltre la musica – racconta Poggio -. Il linguaggio dei segni è un omaggio a chi ogni giorno trova modi alternativi per comunicare emozioni e sentimenti. È nei dettagli che la gratitudine diventa tangibile. Ho tratto ispirazione da una storia personale che mi ha colpito profondamente. Ho avuto il piacere di conoscere Dario, un giovane fan che ha perso l’udito e ha gravi problemi di vista, ma che nonostante ciò è un appassionato di cultura. Non potendo ascoltare la mia musica, Dario legge i contenuti e gli articoli che ne parlano. Per lui, e per tutti coloro che affrontano difficoltà simili, ho cercato rendere il mio messaggio più accessibile, dimostrando che la musica può arrivare anche dove le parole non riescono».

    Una narrazione sonora e visiva che glorifica l’amore in tutte le sue forme, un simbolo di apertura e inclusione che incoraggia a superare le barriere comunicative e tutti quei confini che, molto spesso, sono definiti solo dalla nostra mente.

    Ma “Grazie” non è una dedica a senso unico, bensì un invito a chi ascolta a ritrovarsi in quelle frasi che troppo spesso dimentichiamo, o ci vergogniamo a pronunciare, e in quei motti di affetto che quotidianamente passano inosservati, tra priorità accessorie e rincorse utopiche. Frasi e attenzioni che vanno ben oltre l’essere un omaggio alla persona amata, agli amici, alla famiglia, diventando una chiamata all’azione volta a valorizzare i piccoli gesti che rendono speciale ogni rapporto.

    Contemporaneamente al lancio del singolo, Raffaele Poggio continua il suo percorso artistico con nuovi progetti e appuntamenti live. Tra i più attesi, il “Latin Project”: un’esplorazione musicale che unisce grandi classici latini e brani originali. Inoltre, ogni venerdì sera, l’artista si esibisce al MI AMOR VIP CLUB di Torino nello show Magic Boys, un’esperienza unica che fonde energia, musica e intrattenimento.

    Torinese di nascita e anima latina per vocazione, Raffaele Poggio è un creativo poliedrico e instancabile, che non smette mai di cercare nuovi modi per raccontarsi e raccontare. Con “Grazie”, conferma la sua capacità di trasformare la semplicità in qualcosa di straordinario, invitando il pubblico a riscoprire il potere di una parola che, oggi più che mai, merita di essere pronunciata, espressa e vissuta.

  • “Gitana”: il mix di lingue e suoni che rende unico il nuovo singolo di KAWAKAMI

    Gitana” (KeyRecords/Kmusic/ADA Music Italy) è il nuovo singolo di KAWAKAMI, l’artista milanese classe 1999 che, con la sua anima eclettica e il suo talento fluido, ci trascina in un’avventura musicale carica di suggestioni ritmiche e culturali. Il brano, disponibile su tutte le piattaforme digitali, è un omaggio alla libertà dell’artista e alla sua incessante ricerca di nuove tappe, luoghi e identità.

    Prodotto da KAIZÈN, “Gitana” unisce sonorità ancestrali e contemporanee, guidando l’ascoltatore tra le colorate vie dei mercati profumati d’Oriente e i portici calienti di Siviglia. Con un mix di lingue e culture, il pezzo celebra l’essenza nomade di KAWAKAMI, come lei stessa racconta:

    «Sono una “hija de la calle”, una figlia della strada. La mia musica nasce dal movimento, dal coraggio di lasciare alle spalle la staticità per inseguire una voce che non smette mai di chiamarmi.»

    Il testo alterna immagini forti e intime, come «Sono partita sopra a un tram, la vivi loca la vida… qua sempre il solito tran tran» e versi che tratteggiano la tensione tra fuga e libertà – «Corri ma via di qua, la musica, la celebrità» -. Liriche che trasmettono un dinamismo continuo, dipingendo un’avventura carica di energia e trasformazione, elemento centrale del progetto.

    Ad accompagnare il brano, il videoclip ufficiale diretto da Gianmarco Oragano, che offre una narrazione visiva in grado di intensificare e rafforzare il messaggio di “Gitana.” Girato tra atmosfere esotiche e urbane, il video, in uscita lunedì 27 gennaio, vede la partecipazione di attori come Camilla Trotta e Valentina D’Amato, mentre la sceneggiatura, firmata da Antea Zavaglio e Camilla Conte, è incentrata sui contrasti tra tradizione e modernità, richiamando l’idea di un viaggio che è tanto fisico quanto interiore.

    Quella di KAWAKAMI è la voce di un’artista che si reinventa: già nota per i singoli “Altrove” e “Fiori di Carta,” brani che le hanno permesso di conquistare playlist editoriali di spicco come “Scuola Indie” e “Anima R&B,” continua ad evolversi con “Gitana”, una traccia che abbraccia la contaminazione culturale come elemento distintivo della sua musica. La scelta di mescolare lingue diverse, dall’italiano allo spagnolo, sottolinea la poliedricità dell’artista e il suo desiderio di abbattere confini, non solo geografici, ma anche musicali.

    «”Gitana” – conclude KAWAKAMI – è il mio manifesto di libertà: non importa quante volte mi perdo, c’è sempre una voce che mi riporta sulla mia strada.»

    Con “Gitana”, KAWAKAMI ci apre le porte del suo mondo nomade, invitandoci a salire sul suo tram, quello che corre tra sogni e realtà, senza una meta definita ma con la certezza che ogni tappa sarà un’esperienza indimenticabile. Perché essere “Gitana” non è solo un modo di vivere, è un modo di essere: liberi, inarrestabili, e sempre pronti a riscrivere la propria storia.

    Camilla Conte BIOGRAFIA

  • “Lussuria e desiderio”: i Ferrinis raccontano l’insostenibilità delle passioni segrete

    Ci sono storie che nascono nell’ombra, fatte di segreti, attrazione e bugie che si sedimentano fino a diventare insostenibili. È da queste dinamiche, capaci di incrinare anche i legami più forti e causare crepe che portano al crollo, che nasce “Lussuria e Desiderio”, il nuovo singolo dei Ferrinis. Un brano che si addentra nei lati più oscuri dell’amore, svelando le verità scomode e traducendo in musica il momento in cui il desiderio si trasforma in un fardello intollerabile.

    Un tema che si intreccia con la realtà attuale: secondo una recente ricerca dell’Osservatorio Infedeltà, la pandemia ha avuto un impatto significativo sulle relazioni di coppia in Italia. Il 31% degli italiani ha dichiarato che il periodo di isolamento ha portato a crisi di coppia, e il 19% ha segnalato una riduzione dell’attività sessuale. Questo contesto ha contribuito a un aumento dell’infedeltà, passando dal 34,5% del 2019 al 41% degli ultimi 2 anni.

    Seguito di “Coca e Malibù” e secondo estratto dall’atteso album “Twins”, la cui uscita è prevista per la primavera, “Lussuria e Desiderio” racconta un rapporto consumato dalla passione e distrutto dal suo stesso peso, un trasporto accecante che non riesce a sopravvivere alla realtà.

    «Notte dopo notte lussuria e desiderio, il cuore pesante se il destino ci porta lontano» recita il ritornello, condensando in poche parole il tormento e l’inquietudine di una storia vissuta sul filo del proibito, tanto irresistibile quanto incapace di reggere alla luce del giorno.

    In questo nuovo capitolo, i Ferrinis offrono uno sguardo diretto sulla relazione tra due amanti, due cuori intrappolati in una danza di attrazione e senso di colpa, dove la necessità di nascondersi finisce per logorare l’anima. Uno spaccato di contemporaneità che mette in evidenza situazioni che molti vivono ma raramente condividono, celate dalla vergogna e dalla paura di essere giudicati. Passione e silenzi si intrecciano, fino a rendere impossibile distinguere ciò che si vuole da ciò che si può avere, lasciando chi li vive sospeso tra ciò che sogna e ciò che è costretto a sacrificare.

    «Abbiamo voluto mettere in musica la collisione tra l’irresistibile e l’insostenibile – spiegano i Ferrinis -. Non si tratta solo di un legame tra amanti, ma di quel senso di vuoto e di colpa che resta quando una relazione finisce perché non può essere vissuta apertamente.»

    Se “Coca e Malibù” ha acceso i riflettori sui paradossi di una generazione travolta dai social e dalle apparenze, “Lussuria e Desiderio” si colloca dall’altra parte dello spettro, mostrando una maturità, artistica e personale, che esamina temi più articolati e complessi.

    «Ogni brano di “Twins” rappresenta una sfumatura diversa delle nostre esperienze e del nostro modo di fare musica – concludono i Ferrinis -. Con “Lussuria e Desiderio”, volevamo fare luce sul lato più oscuro del desiderio, quello che non viene mai raccontato ma che, infondo, è parte della vita di molti.»

    Come sempre, i Ferrinis dimostrano di essere artisti completi, in grado di dare vita ai loro progetti anche sul piano visivo. “Lussuria e Desiderio” è infatti accompagnato dal videoclip ufficiale – in uscita venerdì 31 gennaio -, che, diretto dalla creatività raffinata e distintiva di Alessandro Murdaca, aggiunge un ulteriore livello narrativo al brano, utilizzando immagini suggestive e dettagli curati per amplificare l’atmosfera e il significato della canzone.

    “Lussuria e Desiderio” ci invita a riflettere su come l’attrazione e le scelte che ne conseguono possano ridefinire le relazioni. È un pezzo che trova spazio non solo nelle playlist, ma anche nelle conversazioni di chi è pronto a trattare e affrontare il lato più scomodo dell’amore. Il video offre uno sguardo cinematografico sul tema della passione distruttiva, arricchendo e amplificando il significato del brano. I Ferrinis, con questa nuova release, consolidano la loro posizione come una delle realtà più interessanti della scena pop italiana, confermandosi capaci di analizzare argomenti delicati e spesso taciuti, attraverso la lente della loro musica.